domenica 15 agosto 2010

Fisica quantistica

La meccanica quantistica è una teoria fisica che si è sviluppata e consolidata nella prima metà del XX secolo, per supplire all'inadeguatezza della meccanica classica nello spiegare fenomeni e proprietà quali la radiazione di corpo nero, l'effetto fotoelettrico, il calore specifico dei solidi, gli spettri atomici, la stabilità degli atomi, l'effetto Compton: alcuni esperimenti effettuati nei primi trent'anni del XX secolo suggerivano, per esempio, la necessità di introdurre l'ipotesi di un comportamento particellare della luce, oltre a quello classico ondulatorio di eredità maxwelliana, e di postulare l'esistenza di livelli discreti di energia.

La meccanica quantistica si distingue in maniera radicale dalla meccanica classica in quanto si limita a esprimere la probabilità di ottenere un dato risultato a partirte da una certa misurazione, secondo l'interpretazione di Copenaghen, rinunciando così al determinismo assoluto proprio della fisica precedente. Questa condizione di incertezza o indeterminazione non è dovuta a una conoscenza incompleta, da parte dello sperimentatore, dello stato in cui si trova il sistema fisico osservato, ma è da considerarsi una caratteristica intrinseca, quindi ultima e ineliminabile, del sistema e del mondo subatomico in generale.

La teoria quantistica, dunque, descrive i sistemi come una sovrapposizione di stati diversi e prevede che il risultato di una misurazione non sia completamente arbitrario, ma sia incluso in un insieme di possibili valori: ciascuno di detti valori è abbinato a uno di tali stati ed è associato a una certa probabilità di presentarsi come risultato della misurazione. Questo nuovo modo di interpretare i fenomeni è stato oggetto di numerose discussioni all'interno della comunità scientifica, come testimonia l'esistenza di diverse interpretazioni della meccanica quantistica. L'osservazione ha quindi effetti importanti sul sistema osservato: collegato a questo nuovo concetto si ha l'impossibilità di conoscere esattamente i valori di coppie di variabili dinamiche coniugate, espressa dal principio di indeterminazione

La meccanica quantistica rappresenta il denominatore comune di tutta la fisica moderna ovvero della fisica atomica, della fisica nucleare e sub-nucleare (la fisica delle particelle), e della Fisica Teorica, a testimonianza della sua estrema potenza concettuale-interpretativa nonché della vasta applicabilità al mondo microscopico


tratto da:
http://it.wikipedia.org/wiki/Meccanica_quantistica

Fisica quantistica e psicoanalisi

Jung non era nuovo alla tesi di un parallelismo tra scienza fisica e psicoanalisi: già nel 1928 in "Energetica psichica" aveva immaginato una stretta contiguità tra la nozione di energia nell'uno e nell'altro ramo del sapere. Le ricerche che Jung, al proposito, condusse negli anni a venire, rafforzarono in lui e non smentirono questo suo postulato.

Negli anni trenta Jung incontra Wolfgang Pauli, un fisico austriaco premio Nobel nel 1945. Pauli è reduce dal fallimento del matrimonio e trasferitosi in Svizzera cerca un aiuto terapeutico. La terapia non avrà grande successo e Pauli l'abbandona ma i due si stimano ed iniziano una amicizia scientifica.

L'incontro tra Jung e Pauli generò il "quarto escluso" dalla triade della fisica classica:


1.tempo,
2.spazio e
3.causalità;

a questo quarto escluso è stato dato il nome di sincronicità.

In analogia alla causalità che agisce in direzione della progressione del tempo e mette in connessione due fenomeni che accadono nello stesso spazio in tempi diversi, viene ipotizzata l'esistenza di un principio che mette in connessione due fenomeni che accadono nello stesso tempo ma in spazi diversi.


Nel 1952 Jung e Pauli pubblicarono due saggi nel un volume Naturerklärung und Psyche: il saggio di Pauli applicava il concetto di archetipo alla costruzione delle teorie scientifiche di Keplero; il saggio di Jung era intitolato "Sincronicità come principio di nessi acausali", dove per la prima volta lo psicologo definisce la parola. Per sue stesse parole, si era limitato per venti anni fino allora ad accennarne solamente il concetto, perché riteneva di essere scientificamente impreparato. Nel saggio si tenta una analisi statistica di eventi acausali ma senza grande successo. Lo stesso Jung è imbarazzato verso la comunità scientifica dell'indefinitezza del suo studio, ma tuttavia si sente pressato e giustificato dalle proprie esperienze personali che per lui sono da considerare evidenze empiriche, fenomenologie su cui lavorare con metodo scientifico. Nella prefazione del saggio dice:

« [la sincronicità è ] ... un tentativo di porre i termini del problema in modo che, se non tutti, almeno molti dei suoi aspetti e rapporti diventino visibili e, almeno spero, si apra una strada verso una regione ancora oscura, ma di grande importanza per quanto riguarda la nostra concezione del mondo. »
tratto da Wikipedia.it

Cos'è la psicoanalisi

La psicoanalisi (da psico-, psiche, anima, più comunemente "mente", e -analisi: analisi della mente) è la teoria dell'inconscio su cui si fondano una prassi e una disciplina psicoterapeutiche, e che ha preso l'avvio dal lavoro di Sigmund Freud.

Innanzitutto essa è una teoria dell'inconscio. Nell'indagine dell'attività mentale umana essa si rivolge soprattutto a quei fenomeni psichici che risiedono al di fuori della coscienza. Viene perciò implementato il concetto di inconscio, introdotto nella riflessione teoretica già da Cartesio, Locke e Leibniz, e che Freud rielaborò da un punto di vista descrittivo e topico sulla base delle sue esperienze con Jean-Martin Charcot.

In secondo luogo la psicoanalisi è una prassi terapeutica. Nello specifico come cura dei disturbi mentali e, all'origine, come cura dell'isteria e successivamente dei fenomeni psicopatologici chiamati nevrosi. In seguito, il suo uso è stato esteso allo studio e trattamento di altri tipi di psicopatologie.

In seguito, a livello culturale più generale, l'influenza della psicoanalisi ha in qualche misura finito per interessare anche la filosofia.
tratto da: wikipedia.it

Entanglement

Sembra incredibile che una minima azione su una particella abbia immediatamente effetto sulla particella gemella anche se questa è stata spedita a miliardi di anni luce.

Eppure, questa straordinaria proprietà sembrerebbe una caratteristica ineliminabile della teoria della fisica più accreditata e potente di cui oggi disponiamo: la meccanica quantistica. Nota con il termine tecnico di "entanglement quantistico", un intreccio tra particelle, costituisce la sfida maggiore per fisici e filosofi da quando Werner Heisenberg cominciò a scandagliare i misteri dell'infinitamente piccolo.
Fra tutte le teorie scientifiche, grandi o piccole, nate nel secolo scorso, nessuna ha contribuito, crediamo, a modificare tanto radicalmente la nostra vita quotidiana quanto la meccanica quantistica. Quando ascoltiamo la radio, guardiamo la televisione, usiamo il computer, il cellulare o qualsiasi elettrodomestico con componenti elettroniche, sfruttiamo fenomeni fisici - quelli che regolano il funzionamento di transistor, fasci di elettroni, microchip - che non appartengono al dominio della meccanica o dell'elettromagnetismo classici. Ma l'importanza e l'onnipresenza delle sue applicazioni non deve far dimenticare che la fisica quantistica (la cui nascita si fa tradizionalmente risalire a un articolo del grande fisico Max Planck datato 1900) è stata anche la maggiore rivoluzione intellettuale degli ultimi cento anni, che ha definitivamente fatto a pezzi un'idea radicata fin dai tempi di Aristotele: la fiducia nel senso comune, se necessario adeguatamente affinato e scaltrito, come fondamento inconcusso dell'indagine scientifica.
Facciamo un piccolo esempio: una pallina da tennis lanciata contro una parete con due finestre può uscire passando attraverso l'una o l'altra finestra, ma non attraverso le due finestre contemporaneamente - nessuno sano di mente metterebbe in dubbio una verità così lapalissiana, almeno all'apparenza. Tuttavia, un elettrone che incontri una barriera con due fenditure, passa attraverso entrambe contemporaneamente. E non solo. Nella fisica di Newton e di Maxwell un'onda e una particella sono due oggetti con proprietà differenti; nella meccanica quantistica un elettrone può rimbalzare come una particella e interferire con se stesso come un'onda. Il principio del terzo escluso va dunque a carte quarantotto nella teoria dei quanti, e insieme alla logica classica si devono rivedere profondamente anche altre strutture concettuali (in primo luogo quella di causalità) che contribuiscono a forgiare la nostra visione del mondo.
Malgrado la sua importanza nella storia delle idee del Novecento, la fisica quantistica rimane in larga misura ignorata nei programmi scolastici e continua a essere percepita dai più come un qualcosa di esoterico, che nulla avrebbe a che spartire con la cultura con la C maiuscola.
Albert Einstein, universalmente noto per la formulazione della teoria della relatività, diede anche un importante contributo alla nascente fisica dei quanti. In un articolo del 1905 (indubbiamente il suo annus mirabilis) fornì una brillante spiegazione dell'effetto fotoelettrico basata sull'ipotesi che la luce fosse composta da particelle discrete (successivamente dette fotoni). Negli anni a seguire, tuttavia, Einstein assunse il ruolo di osservatore critico degli sviluppi della meccanica quantistica e avversò con decisione quella formulazione in chiave probabilistica della teoria, dovuta principalmente a Niels Bohr, nota sotto il nome di « interpretazione di Copenaghen ». Il duello fra Einstein e Bohr, che si protrasse per circa trenta anni, conobbe i suoi momenti di più intensa teatralità durante le Conferenze Solvay del 1927, 1930 e 1933: il primo inventava esperimenti mentali diabolicamente ingegnosi volti a mettere in scacco l'interpretazione di Copenaghen, il secondo parava i colpi cercando di individuare la falla nel ragionamento dell'avversario. Mentre nel 1927 e nel 1930 Bohr riuscì a neutralizzare efficacemente gli attacchi di Einstein, diverso fu il caso per l'argomentazione escogitata da quest'ultimo nel corso della Conferenza Solvay del 1933 ed espressa con maggior precisione in un articolo scritto in collaborazione con i fisici Nathan Rosen e Boris Podolsky pubblicato nel 1935.
In meccanica quantistica, secondo il famoso principio di indeterminazione di Heisenberg, è impossibile misurare con arbitraria precisione, a un dato istante, sia la posizione sia la velocità di una particella. Ma immaginiamo una particella che si disintegri in due particelle, che schizzino via in direzioni opposte a uguale velocità: se misuriamo la posizione di una delle due particelle e la velocità dell'altra, riusciremo, unendo le informazioni raccolte, a conoscere sia la velocità sia la posizione di ogni singola particella (abbiamo semplificato, ma l'idea è più o meno questa). Insomma, due particelle opportunamente predisposte - particelle entangled, come si dice - rimarrebbero soggette a una «correlazione» a distanza che agirebbe in maniera istantanea: più che un fenomeno fisico sembrerebbe quasi una "magia". L'esperimento mentale di Einstein-Podolsky-Rosen lasciava aperte solo due possibilità: o esistono proprietà fisiche nascoste che eludono la descrizione della realtà fornita dalla meccanica quantistica (e allora questa teoria è incompleta) o si verificano effetti non locali che ci obbligano a rivedere radicalmente la nostra concezione dello spazio e del tempo.
Dovevano passare trenta anni perché le intuizioni puramente speculative di Einstein-Podolsky-Rosen fossero espresse in una forma suscettibile di verifica sperimentale. Il fisico irlandese John S. Bell (1928-1990) in un articolo magistrale del 1964 dimostrò in maniera matematicamente rigorosa, sulla base di certe disuguaglianze, che la meccanica quantistica è incompatibile con l'ipotesi dell'esistenza di «variabili nascoste». Nel 1972 John F. Clauser e Stuart Freedman dell'Università della California a Berkeley, effettuarono un primo esperimento ispirato alle idee innovatrici di Bell, seguiti l'anno successivo da Ed S. Frey e Randal C. Thomson della Texas A&M University. Ma fu nei primi anni '80 che il fisico francese Alain Aspect realizzò una serie di esperimenti decisivi nel suo laboratorio dell'Università di Orsay, a Parigi: utilizzando atomi di calcio eccitati come sorgente di fotoni entangled, Aspect mostrò che la disuguaglianza di Bell viene violata, fornendo così una inconfutabile prova sperimentale a sostegno del carattere non locale della meccanica quantistica. Nel 1997 Nicolas Gisin e la sua équipe dell'Università di Ginevra eseguirono con un successo una versione dell'esperimento di Aspect in cui i rivelatori si trovavano a un distanza di 11 chilometri l'uno dall'altro.
La più spettacolare applicazione del fenomeno dell'entanglement è il teletrasporto quantistico, una procedura che permette di trasferire lo stato fisico di una particella a un'altra particella, anche molto lontana dalla prima. Sembra un'idea davvero strampalata, concepibile solo in un film di fantascienza (chi non ricorda il transporter che, nella serie Star Trek, immediatamente materializza il capitano Kirk a bordo della nave spaziale Enterprise?). Eppure, nel 1997 due gruppi di ricerca - uno diretto da Anton Zeilinger a Vienna, l'altro da Francesco De Martini a Roma - riuscirono a teletrasportare un singolo fotone. Nessuno sa con certezza se il teletrasporto si potrà realizzare anche per atomi e molecole, o addirittura per oggetti macroscopici, esseri umani inclusi. Ma questo primo passo già compiuto dischiude orizzonti inimmaginabili fino a pochi decenni or sono. La fisica quantistica rivelerebbe quindi una realtà molto diversa da quella che ci suggerisce la nostra esperienza sensoriale, e molto più ricca di mistero.


tratto da Aczel Amir D. - Entanglement. Il più grande mistero della fisica


sabato 14 agosto 2010

L'ipotesi del principio di sincronicità

Fenomeni di "coincidenze significative" avevano da sempre affascinato Jung. Già nel 1916, a pochi anni di distanza dalla sua defezione dal gruppo degli psicoanalisti fedeli al metodo scientifico-oggettivante e a Sigmund Freud, scriveva dell'opportunità di affiancare al principio di causalità quello finalistico:

« La causalità è solo un principio, e la psicologia non può venir esaurita soltanto con metodi causali, perché lo spirito (la psiche) vive ugualmente di fini. »


Jung distingue la sincronicità vera e propria dal mero "sincronismo" degli eventi che accadono simultaneamente, ma senza alcuna connessione di significato.

La vita di tutti i giorni ci propone spesso il tipo comune di sincronicità. Per esempio: pensiamo ad un amico, e lui improvvisamente ci telefona. Tuttavia accanto a queste alcuni credono anche che possano esistere le sincronicità precognitive e chiaroveggenti.
tratto da wikipedia.it

Cos'è la sincronicità - Introduzione

Sincronicità è un termine introdotto da Carl Jung nel 1950 per descrivere una connessione tra eventi psichici o oggettivi che avvengono in modo sincrono, cioè nello stesso tempo e tra i quali non vi è una relazione di causa-effetto ma una comunanza di significato.